Da lunedi, quando abbiamo iniziato la seconda fase della CG, si sente in aula il desiderio di mantenere l\u2019esplorazione in acque profonde su questioni che sono conosciute, ma ancora non abbiamo incarnato come corpo apostolico. Ci sono tematiche che coinvolgono un processo di conversione e hanno bisogno di tempo perch\u00e9 si facciano carne della nostra carne.
\nLa GC35 ci ha donato una frase che ancora oggi rimane una sfida per noi gesuiti: “Siamo compagni di lavoro per la missione che Ges\u00f9 e la Chiesa ci affidano”. Nel corso degli ultimi otto anni abbiamo compiuto uno sforzo per cambiare il nostro modo di pensare e siamo diventati sempre pi\u00f9 consapevoli che i collaboratori non sono “altri”, ma siamo gesuiti e laici insieme che condividono il lavoro e la missione che non \u00e8 “nostra” bens\u00ec di Ges\u00f9. Ci sono province che hanno fatto salti qualitativi nel modo di procedere e hanno incluso gli “altri” nel discernimento nelle decisioni e negli orientamenti delle opere. Sono province che hanno osato accettare questo invito e oggi ci aiutano a riconoscere che \u00e8 possibile portare avanti la missione che Ges\u00f9 ci affida con un senso di corpo insieme con gli altri.<\/p>\n
Tuttavia, questo passo \u00e8 difficile, lo sappiamo, in fondo noi resistiamo in silenzio, perch\u00e9 riconosciamo che implica un modo totalmente diverso da quello che siamo abituati nel compiere la missione. Mi rendo conto che durante i miei anni come parroco avevo paura di perdere il controllo e l’ultima parola. Tuttavia, questo \u00e8 il cammino del Concilio Vaticano II, quello che ha inaugurato la nuova evangelizzazione e ci\u00f2 che il nostro Padre generale ha detto nella sua prima omelia: “La Compagnia di Ges\u00f9 pu\u00f2 crescere solo in collaborazione con altri, solo se ritorna a essere minima Compagnia capace di collaborare. Attenzione alle insidie del linguaggio. Vogliamo aumentare la collaborazione, non solo cercare gli altri perch\u00e9 collaborino con noi e con le nostre opere, perch\u00e9 non vogliamo perdere il prestigio della posizione di chi ha l’ultima parola. Vogliamo collaborare generosamente con gli altri dentro e fuori la Chiesa, con la consapevolezza che deriva dalla esperienza di Dio, di essere chiamati alla missione di Cristo, che non ci appartiene esclusivamente, ma che condividiamo con molti uomini e donne consacrati a servizio degli altri”.<\/p>\n
Mi sembra che questa GC36 ci stia chiamando a una “ripetizione ignaziana”, che \u00e8 molto necessaria perch\u00e9 l’incarnazione \u00e8 un processo che richiede tempo e cura. Questo ci riempie di entusiasmo e di gioia perch\u00e9 ci rivela che Dio \u00e8 paziente ed \u00e8 nostro complice, \u00e8 pi\u00f9 avanti di noi in tutti questi dialoghi, e ancora una volta, ci invita ad approfondire questa chiamata. Oggi voglio ringraziare tante persone dentro e fuori la Chiesa che si fidano di noi e del nostro modo di annunciare il Regno in mezzo al mondo. Grazie per la vostra pazienza e perch\u00e9 ci amate cos\u00ec come come siamo e vi unite alla missione Ges\u00f9 che ci ha affidato.<\/p>\n
L’Esortazione apostolica Evangellii Gaudium ci ha ricordato che il Vat. II ha presentato la conversione ecclesiale come l’apertura a una riforma permanente di s\u00e9 stessa nella fedelt\u00e0 a Ges\u00f9 Cristo. Pertanto, la missione deve lasciare il comodo criterio pastorale del “si \u00e8 sempre stato fatto cos\u00ec”. Nelle parole di Papa Francesco: “Invito tutti a essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e metodi evangelizzatori”. Pertanto, nello spirito di consolazione e crescente desiderio di conversione abbiamo terminato questa terza settimana della congregazione.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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