{"id":2072,"date":"2016-09-27T15:52:50","date_gmt":"2016-09-27T13:52:50","guid":{"rendered":"http:\/\/gc36.test\/it\/?p=2072"},"modified":"2016-09-28T15:41:22","modified_gmt":"2016-09-28T13:41:22","slug":"che-cosa-ha-detto-papa-francesco-ai-gesuiti","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/gc36.test\/it\/che-cosa-ha-detto-papa-francesco-ai-gesuiti\/","title":{"rendered":"Che cosa ha detto papa Francesco ai gesuiti?"},"content":{"rendered":"

Il 2 ottobre prossimo inizier\u00e0 la 36a<\/sup> Congregazione Generale (CG), che elegger\u00e0 il successore di p. Adolfo Nicol\u00e1s alla guida della Compagnia di Ges\u00f9. E naturalmente essa affronter\u00e0 anche aspetti importanti della vita e della missione dell\u2019Ordine. Certamente il Papa ricever\u00e0 i congregati e rivolger\u00e0 loro un discorso. Le sue parole verranno ascoltate con attenzione e saranno accolte con \u00ablarghezza d\u2019animo e liberalit\u00e0\u00bb. Per la Compagnia esse significheranno un nuovo slancio evangelizzatore, nella fedelt\u00e0 creativa al suo carisma e alla sua identit\u00e0.<\/p>\n

In questi anni di pontificato Francesco si \u00e8 gi\u00e0 rivolto pi\u00f9 volte ai gesuiti, cosicch\u00e9 la Compagnia che sta per riunirsi nella Congregazione Generale ha gi\u00e0, in qualche modo, un \u00abdiscorso previo\u00bb di Papa Francesco, che pu\u00f2 servirle da ispirazione e da guida fin dall\u2019inizio. Un discorso \u00abprevio\u00bb di un \u00abfratello maggiore\u00bb, come La\u00ednez chiamava Fabro ma di un fratello maggiore che \u00e8 Papa, al quale noi, \u00abcon rinnovato impulso e fervore\u00bb,<\/sup> offriamo il nostro voto di obbedienza, considerato fin dall\u2019inizio della Compagnia \u00abcome nostro principio e principale fondamento\u00bb.<\/p>\n

I Papi hanno sempre rivolto discorsi importanti alle Congregazioni Generali. Ci hanno dato incarichi missionari e confermato scelte apostoliche; hanno fatto \u00abmemoria\u00bb dei nuclei fondamentali della nostra spiritualit\u00e0 e della storia della Compagnia; ci hanno anche avvertito dei possibili pericoli ed errori in cui potevamo incorrere, di come abbiamo servito la Chiesa, e di come essa continui a contare sul nostro servizio. L\u2019ultimo di questi discorsi pontifici \u00e8 stato quello di Benedetto XVI durante la 35a<\/sup> CG.<\/p>\n

Con parole piene di affetto, di stima e di vicinanza spirituale, Benedetto XVI ci ha parlato dall\u2019interno della nostra vocazione e spiritualit\u00e0, e ci ha condotto nel centro della nostra identit\u00e0. Il discorso del Papa emerito apriva un\u2019epoca nuova per la Compagnia riguardo alle sue relazioni con la Santa Sede. Lo riconosceva la stessa Congregazione nel Decreto Con rinnovato impulso e fervore<\/em> (D I), in cui essa chiamava \u00abtutti i gesuiti a vivere con larghezza d\u2019animo e non meno generosamente quello che e? al centro della nostra vocazione: militare per Iddio sotto il vessillo della croce e servire soltanto il Signore e la Chiesa sua sposa, a disposizione del Romano Pontefice, Vicario di Cristo in terra\u00bb (D I, 9). La prossima Congregazione Generale certamente verificher\u00e0, nella relazione sullo \u00abstato della Compagnia\u00bb, se questa chiamata pressante abbia avuto negli ultimi anni una risposta adeguata.<\/p>\n

A questo discorso di Papa Benedetto si collega quello che abbiamo chiamato \u00abdiscorso previo\u00bb, composto dalle diverse allocuzioni che Papa Francesco ha rivolto ai gesuiti. Esse si pongono in chiara continuit\u00e0 con questo discorso. Fanno memoria grata di un passato che \u00e8 presente appassionato: le grazie del Signore che ci hanno identificato e devono continuare a identificarci con la Compagnia. \u00abSiamo chiamati a recuperare la nostra memoria, a fare memoria, richiamando alla mente i benefici ricevuti e i doni particolari (Esercizi Spirituali<\/em> [ES], n. 234)\u00bb.<\/p>\n

Ne fa \u00abmemoria\u00bb un Papa che \u00e8 gesuita, ma che per noi dev\u2019essere Papa prima che gesuita. Se altri Sommi Pontefici ci hanno ricordato queste grazie, Francesco lo fa conoscendole dal di dentro della nostra condizione di gesuiti. Con una certa frequenza egli si riconosce esplicitamente gesuita; espone con semplicit\u00e0, quasi a bassa voce, ma senza giri di parole, i tratti grandi e forti della nostra spiritualit\u00e0 e identit\u00e0.<\/p>\n

Che cosa ci ha detto il Papa? \u00c8 quanto ci proponiamo di mostrare in questo articolo, con la consapevolezza, per\u00f2, della difficolt\u00e0 che vi \u00e8 connessa. Cercheremo di essere quanto pi\u00f9 obiettivi possibile nel presentare i temi trattati, sebbene tutti siamo inclini a selezionare quegli aspetti che si accordano meglio con le nostre sensibilit\u00e0 teologiche, pastorali, sociali, e persino religiose e spirituali. Ma dovremmo sforzarci di accogliere con larghezza d\u2019animo e generosit\u00e0 di spirito tutte le riflessioni che il Papa ci offre, soprattutto quando esse ci rinviano al nostro modo di vivere e alla nostra missione.<\/p>\n

Centralit\u00e0 di Cristo<\/em><\/p>\n

Il nostro monogramma caratteristico, IHS, ci indica \u2014 ha detto il Papa nella festa di sant\u2019Ignazio del 2013 \u2014 una realt\u00e0 che non dobbiamo mai dimenticare: la centralit\u00e0 di Cristo per ciascuno di noi e per l\u2019intera Compagnia. Ges\u00f9 \u00e8 il centro e l\u2019unico riferimento; ne deriva che ogni gesuita e il corpo della Compagnia devono essere sempre \u00abdecentrati\u00bb, mai diventare \u00abautoreferenziali\u00bb; questo spostamento ci porta ad avere davanti agli occhi \u00abil Dio sempre maggiore\u00bb, che ci trae continuamente fuori da noi stessi e ci spinge a una certa kenosis<\/em>, a \u00abuscire dal proprio amore, volere e interesse\u00bb (ES 189).<\/p>\n

Alla proposta serena, ma essenziale per la nostra vocazione, Papa Francesco aggiunge il suggerimento di una domanda non scontata per tutti noi: \u00e8 Cristo il centro della mia vita? Metto veramente Cristo al centro della mia vita? Il Papa non esclude l\u2019eventualit\u00e0 che questo \u00abcentrare\u00bb la propria esistenza in Cristo resti sottomesso alla tentazione di pensare di essere noi al centro. \u00abE in questo caso il gesuita sbaglia\u00bb, dice chiaramente Francesco.<\/p>\n

La stessa idea ritorna, qualche mese dopo, nell\u2019omelia per la festa del Santissimo Nome di Ges\u00f9 (3 gennaio 2014). Noi gesuiti vogliamo essere insigniti del nome di Ges\u00f9, il che significa avere gli stessi sentimenti di Cristo. Ma il cuore di Cristo \u00e8 il cuore di un Dio che per amore si \u00e8 \u00absvuotato\u00bb. Ognuno di noi dovrebbe essere disposto a svuotare se stesso. In questa circostanza Papa Francesco usa il termine \u00absvuotarsi\u00bb, anzich\u00e9 \u00abdecentrarsi\u00bb, con un riferimento all\u2019inno cristologico della Lettera ai Filippesi (Fil<\/em> 2,5-11).<\/p>\n

Siamo chiamati a essere degli \u00absvuotati\u00bb, commenta Francesco, uomini che non devono vivere centrati su se stessi, perch\u00e9 il centro della Compagnia \u00e8 Cristo e la sua Chiesa. E il Papa richiama l\u2019attenzione sulla conseguenza insita nell\u2019allontanarsi da un simile \u00abdecentramento\u00bb: \u00abSe il Dio delle sorprese non \u00e8 al centro, la Compagnia si disorienta\u00bb.<\/p>\n

Nell\u2019intervista rilasciata a p. Spadaro, nel settembre del 2013, al Papa viene chiesto come la Compagnia possa servire la Chiesa oggi, con quali tratti peculiari, e quali rischi possano minacciarla. La risposta \u00e8 lunga e tocca diverse questioni, ma le prime parole sono chiare: \u00abIl gesuita \u00e8 un decentrato. La Compagnia \u00e8 in se stessa decentrata: il suo centro \u00e8 Cristo e la sua Chiesa. […] Se invece guarda troppo a se stessa, mette s\u00e9 al centro come struttura ben solida, molto ben \u201carmata\u201d, allora corre il pericolo di sentirsi sicura e sufficiente\u00bb.<\/p>\n

Sentirsi \u00absicura e sufficiente\u00bb \u00e8 il pericolo che minaccia la Compagnia e si contrappone, secondo il Papa, all\u2019\u00abessere\u00bb del gesuita. Francesco parla del gesuita e di tutta la Compagnia; l\u2019\u00abessere decentrati\u00bb \u00e8 l\u2019atteggiamento proprio non solo di ogni gesuita, ma dell\u2019intero corpo della Compagnia. Una sicurezza e una sufficienza istituzionali, che spesso hanno minacciato la storia della Compagnia, contraddicono le sue radici pi\u00f9 originarie e i suoi momenti pi\u00f9 gloriosi in quanto segnati dal martirio.<\/p>\n

Francesco ci conduce alle nostre radici identitarie pi\u00f9 forti: gli Esercizi Spirituali. In essi ci viene insegnato a chiedere al Signore di \u00abamarlo e seguirlo di pi\u00f9\u00bb, come espressione orante del desiderio di identificarci con Cristo povero e umile che viene formulato nella \u00abmeditazione sulle due bandiere\u00bb, del desiderio di \u00abessere ricevuto sotto la sua bandiera\u00bb (ES 147). Lo Spirito ci conduce a quel \u00abterzo grado di umilt\u00e0\u00bb, sintesi della mistica ignaziana nell\u2019identificazione con Cristo: \u00abPer imitare e assomigliare pi\u00f9 attualmente a Cristo nostro Signore voglio e scelgo piuttosto povert\u00e0 con Cristo povero che ricchezza, piuttosto ignominie con Cristo pieno di esse che onori, e desidero pi\u00f9 di essere stimato insensato e folle per Cristo, il quale per primo fu ritenuto tale, che saggio e prudente in questo mondo\u00bb (ES 167).<\/p>\n

Gli Esercizi sono un\u2019esperienza personale che \u00abconforma\u00bb il gesuita a Colui che lo ha chiamato a questa vocazione, ma la loro dinamica di imitazione e sequela di Cristo \u00abforma\u00bb l\u2019intero corpo della Compagnia nelle Costituzioni<\/em> (Cost<\/em>.) come \u00abvia\u00bb per realizzare il carisma ignaziano nella Chiesa.<\/p>\n

Ignazio ha l\u2019audacia spirituale di presentare, a coloro che vogliono entrare nella Compagnia, la prospettiva che essi dovranno \u00absubire ingiurie, false testimonianze, affronti, ed essere ritenuti e stimati pazzi (senza, per\u00f2, darne alcuna occasione), spinti dal desiderio di rassomigliare e di imitare in qualche misura il nostro Creatore e Signore Ges\u00f9 Cristo\u00bb (Cost<\/em>. 101).<\/p>\n

Questa \u00abconformazione\u00bb della Compagnia a Cristo si rivela nell\u2019esperienza della Storta, interpretata fin dal primo momento come una \u00abgrazia istituzionale\u00bb, e non semplicemente come una grazia personale di Ignazio. Gli elementi della visione sono incentrati sulla scelta di Ignazio e dei suoi compagni, la Compagnia, da parte del Padre, per essere messi con il Figlio che prende su di s\u00e9 la croce. Cos\u00ec ci viene concessa la grazia di essere ricevuti sotto la bandiera di Cristo in povert\u00e0 e in umilt\u00e0. La 35a<\/sup> Congregazione Generale commenta in proposito: \u00abNoi gesuiti, dunque, troviamo la nostra identit\u00e0 non da soli, ma nell\u2019esperienza di essere compagni [\u2026]. L\u2019esperienza di Ignazio alla Storta ne \u00e8 la radice\u00bb (D II, 3).<\/p>\n

La Compagnia sar\u00e0 \u00absicura\u00bb e si sentir\u00e0 \u00absufficiente\u00bb quando non guarder\u00e0 a se stessa, ma sapr\u00e0 vivere con il desiderio di conformarsi al Cristo povero e umile degli Esercizi, al Dio incarnato in Ges\u00f9 di Nazaret, il massimo modello di \u00abdecentramento\u00bb nella storia. \u00c8 questa l\u2019identit\u00e0 della Compagnia che il Papa ci ricorda con tanta chiarezza e insistenza.<\/p>\n

E quando Ignazio e i suoi compagni vollero presentare alla Chiesa, per l\u2019approvazione della Compagnia, una sintesi della sua identit\u00e0 nella Formula dell\u2019 Istituto<\/em>, non esitarono a mettere Dio al centro: la prima preoccupazione del gesuita deve essere quella di \u00abavere dinanzi agli occhi, sempre, prima di ogni altra cosa, Iddio\u00bb (curet primo Deum<\/em>). Papa Francesco ci conduce qui quasi con le stesse parole. Nello stesso tempo, per definire l\u2019identit\u00e0 della Compagnia, nella Formula<\/em> viene posto un forte accento sulla croce: \u00abChiunque vuole militare per Iddio sotto il vessillo della croce nella nostra Compagnia e servire soltanto il Signore ed il Romano Pontefice suo Vicario in terra\u2026\u00bb.<\/p>\n

La Formula<\/em> poi avverte sulla necessit\u00e0 di esaminarsi per smascherare gli inganni: \u00abMeditino a lungo e in profondit\u00e0, prima si sobbarcarsi a questo peso, se posseggono tanto capitale di beni celesti da potere, secondo il consiglio del Signore, condurre a termine questa torre\u00bb (n. 4). Solo cos\u00ec saranno possibili il discernimento personale e apostolico, la discreta caritas<\/em>, la disponibilit\u00e0, la forza del magis<\/em> per un servizio missionario maggiore e migliore, l\u2019esperienza di un\u2019amicizia tra \u00abcompagni di Ges\u00f9\u00bb: note, queste, che ci identificano e garantiscono \u00abla conservazione e lo sviluppo di tutto questo corpo\u00bb (Cost<\/em>. 814).<\/p>\n

Papa Francesco ha ricordato alla Compagnia uno dei momenti pi\u00f9 significativi per la sua umiliazione e identificazione con Cristo. Nei Vespri solenni del 27 settembre 2014, nella ricorrenza del bicentenario della restaurazione della Compagnia, ha detto: \u00abLa Compagnia \u2014 e questo \u00e8 bello \u2014 ha vissuto il conflitto fino in fondo, senza ridurlo: ha vissuto l\u2019umiliazione con Cristo umiliato, ha ubbidito. [\u2026] E questo ha dato onore alla Compagnia, non certamente gli encomi dei suoi meriti. Cos\u00ec sar\u00e0 sempre. Ricordiamoci la nostra storia: alla Compagnia \u201c\u00e8 stata data la grazia non solo di credere nel Signore, ma anche di soffrire per lui\u201d (Fil<\/em> 1,29). Ci fa bene ricordare questo\u00bb.<\/p>\n

Al servizio della Chiesa<\/em><\/p>\n

A questa centralit\u00e0 di Cristo va unita la centralit\u00e0 della Chiesa, e Francesco esprime questa idea con una metafora: \u00abSono due fuochi che non si possono separare\u00bb. Il Papa parte da un\u2019affermazione valida per ogni cristiano: \u00abNon si pu\u00f2 seguire Cristo se non nella<\/em> Chiesa e con<\/em> la Chiesa\u00bb, e la applica in concreto ai gesuiti: \u00abE anche in questo caso noi gesuiti e l\u2019intera Compagnia non siamo al centro; siamo, per cos\u00ec dire, \u201cspostati\u201d, siamo al servizio di Cristo e della Chiesa, la Sposa di Cristo nostro Signore, che \u00e8 la nostra santa Madre Chiesa gerarchica (cfr ES 353)\u00bb.<\/p>\n

A questo concetto cos\u00ec ignaziano Papa Francesco ha fatto riferimento anche nella lettera che il 16 marzo 2013, tre giorni dopo la sua elezione, ha scritto al Padre Generale. In essa lo ringrazia per la piena disponibilit\u00e0 a \u00abcontinuare a servire incondizionatamente la Chiesa e il Vicario di Cristo secondo la regola di sant\u2019Ignazio di Loyola\u00bb. E poi offre la sua preghiera per tutti i gesuiti, \u00abaffinch\u00e9, fedeli al carisma ricevuto, [\u2026] possano essere, con l\u2019azione pastorale, ma soprattutto con la testimonianza di una vita interamente consacrata al servizio della Chiesa, Sposa di Cristo, lievito evangelico nel mondo\u00bb.<\/p>\n

Questo primo messaggio di un Papa gesuita alla Compagnia non pu\u00f2 passare inosservato. Non si tratta solo di semplici espressioni formali, n\u00e9 \u00e8 soltanto una lettera di cortesia: in essa viene espresso il nucleo pi\u00f9 identitario della nostra vocazione. La lettera \u00e8 breve, e quasi tutta rivolta a ricordare la nostra speciale relazione con la Chiesa e con il Romano Pontefice. In essa non c\u2019\u00e8 un esplicito riferimento al quarto voto, ma vi si accenna: \u00absecondo la regola di sant\u2019Ignazio\u00bb; e si ribadisce l\u2019idea del servizio: \u00abcontinuare a servire incondizionatamente la Chiesa e il Vicario di Cristo [\u2026], una vita interamente consacrata al servizio della Chiesa, Sposa di Cristo\u00bb.<\/p>\n

Nell\u2019omelia pronunciata per la festa di sant\u2019Ignazio del 2013 il Papa insiste sul fatto che si tratta di un\u2019unica \u00abcentralit\u00e0\u00bb con due dimensioni. Perci\u00f2 egli pu\u00f2 affermare senza mezzi termini: \u00abServire Cristo \u00e8 amare questa Chiesa concreta, e servirla con generosit\u00e0 e spirito di obbedienza\u00bb.<\/p>\n

Il gesuita deve amare e servire una Chiesa concreta e storica. Ignazio incita ad amare la Chiesa che \u00e8 pellegrina in questo mondo, sottoposta alla tentazione, e formata da uomini deboli e peccatori, bisognosi della misericordia del Padre. Nell\u2019intervista rilasciata a p. Spadaro, Papa Francesco presenta la sua immagine di Chiesa: \u00ab\u00c8 quella del santo popolo fedele di Dio\u00bb. Sentire con la Chiesa, per Papa Francesco, vuol dire essere in mezzo a questo popolo. \u00ab\u00c8 l\u2019esperienza della \u201csanta madre Chiesa gerarchica\u201d, [\u2026] della Chiesa come popolo di Dio, pastori e popolo insieme. La Chiesa \u00e8 la totalit\u00e0 del popolo di Dio\u00bb.<\/p>\n

Come servire la Chiesa<\/em><\/p>\n

Il Papa mette in risalto un principio di comportamento del gesuita e della Compagnia nella Chiesa: \u00abNon ci possono essere cammini paralleli o isolati\u00bb. Quindi non valgono \u00abscorciatoie\u00bb costruite da noi stessi, dove possiamo sentirci \u00absicuri\u00bb e \u00absufficienti\u00bb, n\u00e9 sguardi al mondo a partire dal nostro centro. Qui si presenta a noi una tentazione, quando vogliamo prendere decisioni a partire dal \u00abnostro centro\u00bb, e non dal \u00abcentro\u00bb di Cristo e della sua Chiesa. Allora perdiamo la capacit\u00e0 di discernere apostolicamente \u2014 sapere come Dio e la Chiesa vogliono servirsi della Compagnia \u2014 e di esaminarci per dirci veramente come stiamo, dove rivolgiamo lo sguardo, quali sono i nostri orizzonti.<\/p>\n

La Compagnia si trover\u00e0 in tanti campi apostolici, ma sempre nella Chiesa, \u00abcon questa appartenenza che ci d\u00e0 coraggio per andare avanti\u00bb. E il Papa fa riferimento ai due valori della ricerca e delle periferie: \u00abS\u00ec, cammini di ricerca, cammini crea\u00adtivi, s\u00ec, questo \u00e8 importante: andare verso le periferie, le tante periferie. Per questo ci vuole creativit\u00e0, ma sempre in comunit\u00e0, nella Chiesa\u00bb.<\/p>\n

Papa Francesco ci esorta a essere presenti in due orizzonti missionari importanti e attuali: la ricerca e le periferie, in qualsiasi loro modalit\u00e0, e a sviluppare in esse grande creativit\u00e0, ma sempre \u00abnella Chiesa\u00bb, \u00abevitando la malattia spirituale dell\u2019autoreferenzialit\u00e0\u00bb. E per dar forza alla sua affermazione riguardo alla Compagnia, aggiunge: \u00abAnche la Chiesa, quando diventa autoreferenziale, si ammala, invecchia\u00bb.<\/p>\n

Il Papa poi mostra un altro modo di servire la Chiesa: quello di servire il Romano Pontefice, collaborare con il suo ministero. Nella celebrazione del bicentenario della restaurazione della Compagnia, facendo riferimento alle parole di Papa Pio VII nella Bolla di restaurazione, egli chiede ai gesuiti di essere \u00abrematori esperti e valorosi\u00bb, e subito dopo li esorta cos\u00ec: \u00abRemate, siate forti, anche col vento contrario! Remiamo a servizio della Chiesa. Remiamo insieme!\u00bb. Dunque, il Papa ci invita a remare con lui, perch\u00e9 \u00abanche la barca di Pietro pu\u00f2 essere sballottata oggi\u00bb. Ci chiede di remare, anche se \u00abcosta fatica remare\u00bb. Il servizio che Francesco ci chiede si concretizza nella Chiesa e nell\u2019aiuto al Romano Pontefice: \u00abremare con lui\u00bb.<\/p>\n

Questa idea si collega con quello che tanti Papi hanno chiesto alla Compagnia, ma che ha avuto speciale rilievo nel discorso del Papa emerito alla 35a<\/sup> Congregazione Generale (2008). Papa Benedetto ci ha detto che egli conta sulla Compagnia, che ci desidera leali collaboratori; e ci ha spinti a compiere il servizio importante e difficile di farci \u00ablealmente carico del dovere fondamentale della Chiesa di mantenersi fedele al suo mandato di aderire totalmente alla Parola di Dio, e del compito del Magistero di conservare la verit\u00e0 e l\u2019unit\u00e0 della dottrina cattolica nella sua completezza\u00bb.<\/p>\n

Il gesuita, un uomo peccatore<\/em><\/p>\n

Alla domanda rivoltagli da p. Spadaro: \u00abChi \u00e8 Jorge Mario Bergoglio?\u00bb, il Papa d\u00e0 una risposta sorprendente: \u00abIo sono un peccatore\u00bb. Poi rafforza la risposta: \u00abQuesta \u00e8 la definizione pi\u00f9 giusta. E non \u00e8 un modo di dire, un genere letterario. Sono un peccatore\u00bb. E subito dopo afferma: \u00abSono un peccatore al quale il Signore ha guardato\u00bb, e ripete: \u00abIo sono uno che \u00e8 guardato dal Signore\u00bb. A noi gesuiti tornano in mente le parole della 32a<\/sup> CG, quando anche l\u00ec ci si chiedeva: \u00abChe cosa vuol dire essere gesuita? Vuol dire riconoscersi peccatore, ma chiamato da Dio a essere compagno di Ges\u00f9 Cristo\u00bb (D II, 1). Padre Bergoglio ha preso parte a quella Congregazione, e senz\u2019altro queste parole ora risuonano nel suo cuore: si sta definendo come un gesuita.<\/p>\n

Nell\u2019omelia della festa di sant\u2019Ignazio del 2013 Papa Francesco parla della \u00abvergogna del gesuita\u00bb. Contemplando il Cristo crocifisso, nella prima settimana degli Esercizi, siamo presi da quel sentimento, cos\u00ec umano e cos\u00ec nobile, che \u00e8 la vergogna di non essere all\u2019altezza. \u00abE questo ci porta sempre, come singoli e come Compagnia, all\u2019umilt\u00e0, a vivere questa grande virt\u00f9. [\u2026] Umilt\u00e0 che ci spinge a mettere tutto noi stessi non a servizio nostro o delle nostre idee, ma a servizio di Cristo e della Chiesa, come vasi d\u2019argilla, fragili, inadeguati, insufficienti, ma nei quali c\u2019\u00e8 un tesoro immenso che portiamo e che comunichiamo\u00bb.<\/p>\n

Il Papa non parla di un\u2019umilt\u00e0 che si confonde o che si esprime con degli atti devoti, ma si riferisce all\u2019umilt\u00e0 che ci identifica con Ges\u00f9 Cristo povero e umiliato, con il Dio incarnato e morto sulla croce, sia quando dobbiamo affrontare incomprensioni sia quando diventiamo oggetto di equivoci e di calunnie; ma questo \u00e8 l\u2019atteggiamento pi\u00f9 fecondo. E il Papa cita i riti cinesi, i riti malabarici, le Riduzioni del Paraguay, le incomprensioni e i problemi vissuti anche in tempi recenti.<\/p>\n

Questa umilt\u00e0 attraversa tutta la spiritualit\u00e0 della Compagnia, e trova espressione in quei due termini, apparentemente contraddittori, che ne completano anche l\u2019identit\u00e0: magis<\/em> e minima<\/em>. Si tratta di due termini correlativi, che hanno senso soltanto quando si integrano. Il \u00abpi\u00f9\u00bb ignaziano \u00e8 sempre desiderio di risposta \u2014 \u00abperch\u00e9 pi\u00f9 lo ami e lo segua\u00bb \u2014, che spinge il gesuita a desiderare pi\u00f9 povert\u00e0 e umiliazioni che ricchezza e onori, per imitare e seguire di pi\u00f9 Ges\u00f9 Cristo.<\/p>\n

Il \u00abpi\u00f9\u00bb comprende il \u00abmeno\u00bb, e si realizza nel \u00abdiminuire\u00bb, che \u00e8 la vera umilt\u00e0. La Compagnia \u00e8 \u00abminima\u00bb nella sua identit\u00e0, perch\u00e9 ci\u00f2 implica \u00abessere sottomessa\u2026 e servire\u2026\u00bb. Il magis<\/em> apostolico \u00e8 dunque composto di ricerca, gratuit\u00e0 e disponibilit\u00e0, che ci portano a \u00abdiminuire\u00bb, a non essere al centro, a uscire dalle nostre sicurezze e \u00abin Lui solo riporre la speranza\u00bb (Cost<\/em>. 812).<\/p>\n

Il gesuita, uomo dal pensiero aperto, di grandi desideri, sempre in ricerca<\/p>\n

Nell\u2019intervista citata, il Papa afferma che il gesuita \u00e8 un uomo \u00abdal pensiero incompleto, dal pensiero aperto\u00bb. E ne spiega il motivo: \u00abIl gesuita pensa sempre, in continuazione, guardando l\u2019orizzonte verso il quale deve andare, avendo Cristo al centro. Questa \u00e8 la sua vera forza\u00bb. In effetti il suo \u00abdecentramento\u00bb lo tiene in ricerca, lo rende creativo, generoso.<\/p>\n

Papa Francesco torna su questa idea nell\u2019omelia della festa del Santissimo Nome di Ges\u00f9, il 3 gennaio 2014. I gesuiti sono uomini in ricerca, perch\u00e9 \u00abpensano sempre guardando l\u2019orizzonte che \u00e8 la gloria di Dio sempre maggiore, che ci sorprende senza sosta. E questa \u00e8 l\u2019inquietudine della nostra voragine. Questa santa e bella inquietudine!\u00bb.<\/p>\n

Francesco tiene presente ci\u00f2 che pi\u00f9 caratterizza sant\u2019Ignazio e la sua spiritualit\u00e0: la ricerca della volont\u00e0 di Dio, cos\u00ec significativamente manifestata nell\u2019Autobiografia<\/em> di Ignazio, quando egli definisce se stesso \u00abil pellegrino\u00bb. Il Papa parla dell\u2019inquietudine del cuore \u2014 perch\u00e9 Dio \u00e8 sorpresa \u2014, che si domanda: \u00abChe cosa vuole Dio da me?\u00bb. Qui trova significato il fine ultimo del processo spirituale degli Esercizi, il frutto della lunga formazione del gesuita per imparare a cercare e trovare Dio in tutte le cose. Trovare la volont\u00e0 di Dio \u00e8 l\u2019obiettivo di quello strumento cos\u00ec ignaziano che \u00e8 il discernimento.<\/p>\n

Papa Francesco ci sta conducendo \u00abfin dove i primi arrivarono\u00bb, per ravvivare il dono, in modo che, con la grazia di Dio, possiamo spingerci \u00abanche pi\u00f9 oltre nel Signore nostro\u00bb (Cost<\/em>. 81). E ci sta conducendo al Proemio delle Costituzioni<\/em>, che ci esorta a farci guidare, pi\u00f9 che dalle Regole e dall\u2019osservanza esterna, \u00abdall\u2019interna legge della carit\u00e0 e dell\u2019amore che lo Spirito Santo scrive e imprime nei cuori\u00bb (Cost<\/em>. 134).<\/p>\n

E affinch\u00e9 non c\u2019inganniamo, ancora una volta il Papa ci propone di fare questo esame di coscienza: \u00abSe il nostro cuore ha conservato l\u2019inquietudine della ricerca o se invece si \u00e8 atrofizzato; se il nostro cuore \u00e8 sempre in tensione: un cuore che non si adagia, non si chiude in se stesso, ma che batte il ritmo di un cammino da compiere insieme a tutto il popolo fedele di Dio\u00bb. Non si tratta di un\u2019inquietudine soltanto spirituale, ma di \u00abun\u2019inquietudine anche apostolica [\u2026]. \u00c8 l\u2019inquietudine che ci prepara a ricevere il dono della fecondit\u00e0 apostolica. Senza inquietudine siamo sterili\u00bb. E di nuovo ci avverte: \u00abIl nostro sguardo, ben fisso su Cristo, sia profetico e dinamico verso il futuro: in questo modo, rimarrete sempre giovani e audaci nella lettura degli avvenimenti!\u00bb.<\/p>\n

Inoltre, il Papa presenta Favre con questo tratto caratteristico: spirito inquieto, indeciso, mai soddisfatto, che impara, sotto la guida di Ignazio, a unire la sua sensibilit\u00e0 inquieta, ma dolce, con la capacit\u00e0 di prendere decisioni. Uomo di grandi desideri, di grandi aspirazioni. Nei desideri Favre poteva discernere la voce di Dio.<\/p>\n

E il Pontefice aggiunge l\u2019aspetto apostolico di tali desideri: \u00abUna fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo\u00bb. Francesco si richiama alle Costituzioni: \u00abSi aiuta il prossimo con i desideri presentati a Dio nostro Signore\u00bb (Cost<\/em>. 638). In effetti, negli Esercizi Spirituali<\/em>, nelle sue lettere e nelle Costituzioni<\/em> Ignazio esorta molto spesso ad alimentare \u00abi buoni e grandi desideri\u00bb e a concentrarli in Ges\u00f9 Cristo. Ne aveva fatto una personale esperienza nel suo processo spirituale, come ci viene riferito nel Diario<\/em> e nell\u2019 Autobiografia<\/em>.<\/p>\n

Guardando a Favre, Papa Francesco ci domanda: \u00abAbbiamo anche noi grandi visioni e slancio? Siamo anche noi audaci? Il nostro sogno vola alto? Lo zelo ci divora? Oppure siamo mediocri e ci accontentiamo delle nostre programmazioni apostoliche di laboratorio?\u00bb. Sempre nell\u2019omelia del 3 gennaio 2014, il Papa accenna alla Chiesa in quanto riferimento per la Compagnia: \u00abRicordiamolo sempre: la forza della Chiesa non abita in se stessa e nella sua capacit\u00e0 organizzativa, ma si nasconde nelle acque profonde di Dio. E queste acque agitano i nostri desideri e i desideri allargano il cuore\u00bb.<\/p>\n

Il gesuita, uomo di frontiera<\/em><\/p>\n

Nell\u2019udienza a La Civilt\u00e0 Cattolica<\/em>, Francesco ci definisce come uomini di frontiera: \u00abIl vostro luogo proprio sono le frontiere. Questo \u00e8 il posto dei gesuiti. [\u2026] Per favore, siate uomini di frontiera, con quella capacit\u00e0 che viene da Dio\u00bb. Nel Papa non manca mai quell\u2019allusione al centro dell\u2019identit\u00e0 del gesuita, il solo luogo da cui possono scaturire queste note del suo \u00abprofilo\u00bb.<\/p>\n

E precisa anche come bisogna andare verso le frontiere: \u00abNon cadete nella tentazione di addomesticare le frontiere: si deve andare verso le frontiere e non portare le frontiere a casa per verniciarle un po\u2019 e addomesticarle\u00bb. E di nuovo definisce la missione del gesuita come servizio della Chiesa: \u00abSi tratta di sostenere l\u2019azione della Chiesa in tutti i campi della sua missione\u00bb.<\/p>\n

Nell\u2019intervista rilasciata a p. Spadaro, Papa Francesco chiarisce un po\u2019 di pi\u00f9 il suo pensiero sulle frontiere: \u00abMi riferisco alla necessit\u00e0 per l\u2019uomo che fa cultura di essere inserito nel contesto nel quale opera e sul quale riflette\u00bb. Evidentemente qui egli sta facendo riferimento al lavoro dei pensatori e degli scrittori; ma poi allarga il suo pensiero e afferma: \u00abC\u2019\u00e8 sempre in agguato il pericolo di vivere in un laboratorio. [\u2026] Io temo i laboratori, perch\u00e9 nel laboratorio si prendono i problemi e li si porta a casa propria per addomesticarli, per verniciarli, fuori dal loro contesto. Non bisogna portarsi la frontiera a casa, ma vivere in frontiera ed essere audaci\u00bb.<\/p>\n

La fede \u00e8 sempre una fede inculturata, una fede che \u00e8 strada, una fede che \u00e8 storia: Dio si \u00e8 incarnato rivelandosi in una storia concreta. Qui il riferimento \u00e8 a padre Arrupe e alla sua lettera ai Cias (Centros de Investigaci\u00f3n y Acci\u00f3n Social<\/em>), che il Papa definisce \u00abgeniale\u00bb; in essa viene detto chiaramente che non si pu\u00f2 parlare di povert\u00e0 se non la si sperimenta.<\/p>\n

Nella celebrazione del bicentenario della restaurazione della Compagnia, Papa Francesco riassume il lavoro della Compagnia alle frontiere del nostro tempo: rifugiati e profughi, l\u2019integrazione del servizio della fede e della promozione della giustizia, e ricorda, facendole proprie, le parole di Paolo VI alla 32a<\/sup> CG, che egli stesso sent\u00ec con le proprie orecchie: \u00abOvunque nella Chiesa, anche nei campi pi\u00f9 difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi \u00e8 stato e vi \u00e8 il confronto tra le esigenze brucianti dell\u2019uomo e il perenne messaggio del Vangelo, l\u00e0 vi sono stati e vi sono i gesuiti\u00bb. Francesco aggiunge: \u00abSono parole profetiche del futuro beato Paolo VI\u00bb. Anche Papa Benedetto, dal canto suo, ha ripreso queste parole esigenti e incoraggianti di Papa Montini.<\/p>\n

Tre Papi, dunque, hanno inviato alla Compagnia lo stesso messaggio. Parole di fiducia e di stimolo, ma anche molto esigenti, perch\u00e9 ci richiamano al senso ecclesiale della nostra vocazione.<\/p>\n

Il gesuita, uomo di dialogo<\/em><\/p>\n

Nell\u2019udienza concessa a La Civilt\u00e0 Cattolica<\/em>, Papa Francesco ne ripercorre la storia di difesa e di fedelt\u00e0 alla Chiesa e ricorda agli scrittori che il loro \u00abcompito principale non \u00e8 di costruire muri, ma ponti; \u00e8 quello di stabilire un dialogo con tutti gli uomini, anche con coloro che non condividono la fede cristiana [\u2026] e perfino con coloro che si oppongono alla Chiesa e la perseguitano in varie maniere (GS 92)\u00bb. E per dialogare, bisogna abbassare le difese e aprire le porte. Il Papa incoraggia gli scrittori a continuare il dialogo con le istituzioni culturali, sociali, politiche, per offrire un contributo per il bene comune.<\/p>\n

Nelle parole del Papa torna a farsi presente la figura del suo modello di gesuita. Non possiamo meravigliarci del fatto che, quando il Papa legge queste parole di Favre: \u00abChi volesse avvicinare gli eretici di quest\u2019epoca deve avere molta carit\u00e0 con loro e amarli in veritate<\/em>\u00bb, comunicando \u00abfamiliarmente con loro\u00bb, ne resti colpito e commenti: \u00abIl dialogo con tutti, anche i pi\u00f9 lontani e gli avversari\u2026\u00bb.<\/p>\n

Il gesuita, uomo di discernimento<\/em><\/p>\n

Quanto abbiamo riportato fin qui richiede che il gesuita sia un uomo che ha il dono del discernimento, \u00abche cerca di riconoscere la presenza dello Spirito di Dio nella realt\u00e0 umana e culturale, il seme gi\u00e0 piantato della sua presenza negli avvenimenti, nelle sensibilit\u00e0, nei desideri, nelle tensioni profonde dei cuori e dei contesti sociali, culturali e spirituali\u00bb. Papa Francesco definisce il discernimento spirituale \u00abun tesoro dei gesuiti\u00bb. E afferma di essere rimasto colpito dall\u2019osservazione di Hugo Rahner, per il quale il gesuita \u00ab\u00e8 uno specialista nel discernimento nel campo di Dio e anche nel campo del diavolo\u00bb. Non bisogna aver paura, dice il Papa, di proseguire nel discernimento per trovare la verit\u00e0.<\/p>\n

Quando p. Spadaro gli domanda quale aspetto della spiritualit\u00e0 ignaziana lo aiuti di pi\u00f9 a vivere il suo ministero, Francesco risponde: \u00abIl discernimento. \u00c8 una delle cose che sant\u2019Ignazio ha pi\u00f9 elaborato interiormente. Per lui \u00e8 uno strumento di lotta per conoscere meglio il Signore e seguirlo pi\u00f9 da vicino\u00bb. E aggiunge: \u00abQuesto discernimento richiede tempo. [\u2026] Io credo che ci sia sempre bisogno di tempo per porre le basi di un cambiamento vero, efficace. E questo \u00e8 il tempo del discernimento. E a volte il discernimento invece sprona a fare subito quel che invece inizialmente si pensa di fare dopo. [\u2026] La sapienza del discernimento riscatta la necessaria ambiguit\u00e0 della vita e fa trovare i mezzi pi\u00f9 opportuni, che non sempre si identificano con ci\u00f2 che sembra grande o forte\u00bb.<\/p>\n

Nella celebrazione del bicentenario della restaurazione, Papa Francesco fa osservazioni molto precise sul discernimento: \u00abIn un tempo di confusione e di turbamento [\u2026], nella confusione e davanti all\u2019umiliazione, la Compagnia ha preferito vivere il discernimento della volont\u00e0 di Dio, senza cercare un modo per uscire dal conflitto in maniera apparentemente tranquilla. O almeno elegante: non lo ha fatto\u00bb.<\/p>\n

In altri discorsi il Papa espone, quasi per inciso, le condizioni affinch\u00e9 si dia un vero discernimento spirituale. Per esempio, egli accenna alla retta intenzione, a uno sguardo semplice, al fatto che \u00abil discernimento si compie sempre alla presenza del Signore, guardando i segni, ascoltando le cose che accadono, il sentire della gente, specialmente i poveri\u00bb.<\/p>\n

A proposito della soppressione della Compagnia, Papa Francesco riferisce che p. Lorenzo Ricci parl\u00f2 dei peccati dei gesuiti. Infatti, il discernimento non cerca il facile \u00abcompromesso\u00bb, salva dal vero sradicamento, dalla vera \u00absoppressione\u00bb del cuore, che \u00e8 l\u2019egoismo, la mondanit\u00e0, la perdita del nostro orizzonte, della nostra speranza, che \u00e8 solo Ges\u00f9, quando cerchiamo ci\u00f2 che Dio chiede.<\/p>\n

In forma narrativa<\/em><\/p>\n

Possiamo, in conclusione, aggiungere una nota sul \u00abcome\u00bb il Papa si \u00e8 rivolto ai gesuiti nel \u00abdiscorso previo\u00bb. Nell\u2019intervista rilasciata a p. Spadaro, egli afferma che \u00abla Compagnia si pu\u00f2 dire solamente in forma narrativa. Solamente nella narrazione si pu\u00f2 fare discernimento\u00bb. In effetti il Papa ci ha \u00abnarrato\u00bb, con chiarezza e insistenza, l\u2019identit\u00e0 della Compagnia, incentrata su Cristo e sulla Chiesa: \u00abMilitare per Iddio sotto il vessillo della Croce e servire soltanto il Signore e la Chiesa sua sposa, a disposizione del Romano Pontefice\u00bb.<\/p>\n

Il Papa ce l\u2019ha \u00abnarrata\u00bb, affinch\u00e9 noi, facendo \u00abmemoria\u00bb, ci poniamo in atteggiamento di discernimento e, grati per tanto bene ricevuto, esaminiamo se siamo in quel \u00abcentro\u00bb e, una volta \u00abdecentrati\u00bb da noi stessi, desideriamo vivere sotto la bandiera di Ges\u00f9: soltanto cos\u00ec potremo conoscere come e in che cosa il Signore e la sua Chiesa vogliono servirsi di questa \u00abminima\u00bb Compagnia.<\/p>\n

Il linguaggio narrativo del Papa non lo porta a perdersi in questioni secondarie. Egli ci riconduce, come in una serena conversazione con i suoi fratelli gesuiti, alle origini, a dove \u00abi primi arrivarono\u00bb, a dove, attraverso di loro, si effonde il dono dello Spirito alla Chiesa; e in modo molto ignaziano si interroga, lui gesuita, e interroga noi gesuiti, sulla nostra vita e sulla nostra missione in riferimento a quel nucleo identitario.<\/p>\n

Sull\u2019esempio di Favre, Papa Francesco ci ha parlato con dolcezza, con fraternit\u00e0, con amore, in verit\u00e0, come un \u00abfratello maggiore\u00bb; e, come Favre, ci ha invitato anche a provare il desiderio di \u00ablasciare che Cristo occupi il centro del nostro cuore\u00bb, perch\u00e9 \u00absolo se si \u00e8 centrati in Dio, \u00e8 possibile andare verso le periferie del mondo\u00bb.<\/p>\n

\u00a0Articolo scritto da El\u00edas Roy\u00f3n SJ, pubblicato\u00a0su La Civilt\u00e0 Cattolica<\/a>.<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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